Antologia a cura di Rosa Elisa Giangoia e Franco Zangrilli
“New York – Rinascimento postmoderno. Poesie”
Testi di: Massimo Bacigalupo, Luigi Ballerini, Milena Buzzoni, Eny Di iorio, Rosa Elisa Giangoia, Andrea Guiati, Massimo Mandolini Pesaresi, Mario Moroni, Mario Andrea Rigoni, Franco Zangrilli
Sono dieci le autrici e gli autori presenti in questa raccolta dedicata a New York. Dieci voci la cui biografia è giustamente posta a chiusa del volume edito dalla genovese De Ferrari. Dieci poeti che, come recita la quarta di copertina “interpretano New York nel fascino e nelle contraddizioni della sua modernità: alcuni vi abitano, altri vi sono vissuti, qualcuno l’ha solo visitata”. Ma chi di noi non ha mai visto o letto nulla di New York anche se non c’è mai stato? Perché come dice in un suo verso Franco Zangrilli, New York è la Firenze rinascimentale dell’attuale secolo. Un concetto richiamato anche nel titolo della raccolta, dove l’aggettivo postmoderno verrà espresso, nei versi, dalla città stessa.
Ma i testi non cadono mai nell’agiografia: la città americana, capitale del capitalismo finanziario, sogno e incubo di molti emigranti, è descritta più nelle sue contraddizioni che nelle sue mitologie. Anche quando è una New York che ha ospitato l’esperienza vissuta di chi scrive, i grattacieli e la grandezza sono sempre la scenografia di un’umanità frenetica in cui i sentimenti fanno spesso fatica a trovare la loro misura. Che sia l’emigrante di Hellis Island Savì, suocero di Rosa Elisa Giangoia a cui è dedicata la poesia di apertura, o l’europeo cosmopolita del poemetto ‘Voci di New York’ di Massimo Bacigalupo, o lo spettatore della bohème del Greenwich Village protagonista delle poesie di Eny V. Di Iorio o, ancora, il cittadino dell’oggi Franco Zangrilli, la pulsione non è quella della nostalgia ma quella del ritorno a casa.
New York è un crogiuolo umano ancora più complesso del melting pot americano, il crocevia di linguaggi e storie evocato da “Noche oscura a Sackett St.”, unico contributo dell’autore della prefazione al libro Massimo Mandolini Pesaresi. Ed è soprattutto i suoi edifici, le sue architetture di acciaio e vetro e i suoi grandi parchi e i luoghi delle sue mitologie come il “Madison Square Garden” di Andrea Guiati.
New York, brand globale, città italoamericana per eccellenza, è un luogo straniero o addirittura ostile anche per il resto d’America: il suo fascino è spesso abbagliante ma precario come le luci di Broadway a cui è incatenato il Prometeo digitale del poemetto di Mario Moroni. Una città che è un la reclame del sogno americano, come il manifesto che ispira “hic manebimus optime” di Luigi Ballerini.
Slanciata verso il Paradiso, New York assomiglia più all’inferno, come immagina Milena Buzzoni nella sua “Dante a New York”.
Questa è una raccolta che parla del nostro tempo, osservandone uno degli orizzonti più estremi, che viene attraversata, trattenuta e rilasciata dalle parole.
Libri e giardini (di Rosa Elisa Giangoia)
Seduta a Bryant Park
mi cantavano nel cuore
le parole di Cicerone:
si hortum cum bibliotheca habes
nihil deerit.
Dovunque è vero,
anche nel Nuovo Mondo.
Drew (da Voci da New York di Massimo Bacigalupo)
“I’m in a New York stae of mind” canticchiava
un ragazzo che il Vecchio Drew, che aveva
combattuto in Germania, incontrò lungo la
spiaggia atlantica la sera dell’11 o 12
settembre 2001. Lo spirito della città.
New York ore 6 p.m. (di Milena Bulzoni)
Poco cielo
fra i grattacieli,
il tramonto
è un’illusione
in fondo a un incrocio,
lamine di luci iridescenti,
lampi di fari,
alberi chiusi
dentro intarsi ortogonali,
odori di catrame e co2
su marciapiedi senza foglie
dove i passi si accelerano
verso destinazioni di cartone.
New York
ha
tra le ciglia
lacrime a led
Solitudine americana (di Mario Andrea Rigoni)
A un bar di New York un nero
imponente, con un grosso grembiule
sulla pancia ingombrante, prepara
un cocktail a base di rhum e menta.
Piatti di soft shell crabs paiono
di morbido oro nell’ombra del locale
un poco opprimente. Sette donne
siedono tutte in fila al bancone
e volgono il capo al nuovo arrivato.
“Are you looking for a nice time?”
Chiede una di loro, la più avvenente.
“Good move” , dice, strizzando l’occhio,
alle altre, il barista compiaciuto. I due
escono abbracciati nel sole indigente.
Illusione (di Franco Zangrilli)
Illusione dimmi
dove hai lasciato
e l’altro me
in una avenue nwyorkese?
o in una via della Ciociaria borghese?
Da Sinestesi newyorkesi “Village Lost & Found” di Eny V. Di Iorio
Iloveny
È un sogno preciso
Un sorriso pieno di mille sorrisi
Dal nulla vedo uscire
Un’umanità dispersa
Incessantemente alle prese
Con la giungla urbana
Mischiata di purezza perdute
Molto interessante. Grazie