La Poesia Italiana all’Estero
A cura di Donatella Bisutti
Italian Poetry Review
Plurilingual Journal of Creativity and Criticism
Volume XII, 2017
Società Editrice Fiorentina , Firenze 2019, pp. 464 s.i.p.
A distanza di pochi mesi dalla puntata di questa rubrica in Poesia del luglio-agosto scorso, in cui mi ero occupata del numero doppio di questa rivista, Volume X-XI, 2015-16, ecco uscito un successivo volume riguardante l’anno 2017. Ci si è proposti così di accorciare il ritardo nella pubblicazione, ritardo peraltro ampiamente giustificato dalla mole della rivista, che è diretta da Paolo Valesio, professore emerito della Columbia University, e si avvale della collaborazione di Alessandro Polcri, condirettore e professore alla Fordham University, un’università privata di indirizzo cattolico che è fra le tre maggiori della città di New York. Per la sua stessa struttura, che comporta anche un nutritissimo Comitato Scientifico i cui nomi nella quasi totalità appartengono a docenti universitari italiani o americani, Italian Poetry costituisce un vero e proprio ponte gettato fra due continenti e due culture, e di questa fusione felice e armonica testimonia il titolo della rivista stessa in inglese e l’edizione che si localizza nel cuore stesso della nostra tradizione letteraria, Firenze. Noterò che fra le poche eccezioni non accademiche nel Board figura il nome di Nicola Crocetti, editore di Poesia. Troppo ci sarebbe da scrivere per dar conto del ricchissimo materiale di questo nuovo volume della rivista, che si apre con una Crestomazia Minima selezionata dallo stesso Valesio , che spazia da Turgenev a Martin Scorsese, da Pannella a Bernstein, dalla Highsmith a Pasolini, per terminare con una “nota di scrittura” di Lovecraft. Nella sezione Testimonianze figurano due rievocazioni di Adam Vaccaro delle figure e dei suoi rapporti con Mario Lunetta e Francesco Leonetti, rievocazioni preziose anche di un periodo culturale intenso ormai alle nostre spalle. Ma non potendo dare un resoconto puntuale delle densissime quasi cinquecento pagine, mi limiterò a ricordare alcuni degli interventi e dei testi che più mi hanno colpito. Così, nella sezione Poesie, accanto a quelle di Alessandra Paganardi, anticipazione del suo libro Il resto della vita nel frattempo uscito, con una nota partecipe dello stesso Valesio, registro gli straordinari testi di Giorgio Linguaglossa, che tengono fede al suo verso:”In un tempo infinito tutte le cose accadono di nuovo” e sontuosamente rendono contemporanei e interscambiabili un antichissimo passato epico classico e la quotidianità della Roma di oggi in una vertiginosa atemporalità che per la ricchezza delle immagini paradossali può ricordare a tratti non solo Borges ma anche, proprio per quello sfrenarsi di un’immaginazione straniante che crea coincidenze improbabili, una famiglia di registi che, dopo Buñuel, include Kusturica e Almodovar. Molto interessante e documentata l’ampia sezione dedicata alle 4 poesie recuperate da Mundus Artium del 1971 e alle lettere “americane” (1961-1972) di Padre Venanzio Reali , una figura in ombra del Novecento che solo da poco ha cominciato a venire illuminata. Un padre cappuccino letterato e schivo, amico di poeti ma che non pubblicò quasi nulla in vita. Le quattro poesie pubblicate qui, finemente analizzate da Anna Maria Tamburini, sono davvero notevoli per una loro mistica profondità. Certo un autore che merita di essere conosciuto dagli amanti della poesia. Per quanto riguarda l’ampia sezione Traduzioni mi soffermerò su quella relativa a tre Canti dell’Inferno dantesco in spagnolo, dovuta a José María Micó, dell’Università di Barcellona, autore anche di una traduzione delle Satire dell’Ariosto e di una dell’Orlando Furioso, quest’ultima coronata dal Premio Nazionale di Traduzione in Spagna. Ma soprattutto segnalo la traduzione a opera di Steven Baker della Columbia University dei Madrigali a Dio di Pasolini, testi tratti da L’usignolo della Chiesa Cattolica, che ricordano le blasfemie di Caproni, ma con un tono meno ironico, più accorato. Un altro testo tradotto è preso da Mamma Roma, Forza del passato. Uno spazio considerevole nella sezione saggistica, che vede anche studi sulle poetiche di Magrelli e di Pagliarani, è riservato a un Dossier sul” Realismo Terminale”, manifesto di poetica dovuto a Guido Oldani che conta fra i suoi convinti assertori anche Giuseppe Langella , fine poeta e critico. Un manifesto che non tutti condividono, ma che sta avendo una notevole eco anche all’estero dove recentemente Oldani per questo è stato premiato in Cina. Cosa sia il “Realismo Terminale” lo enuncia qui sinteticamente lo stesso Oldani : esso, egli spiega, si realizza essenzialmente nel passaggio da un mondo poetico in cui l’interlocutore è stata per il passato la Natura a un mondo quantificato da oggetti, che sono ormai, a suo parere, tra rassegnazione e ironia, il nuovo correlativo oggettivo del discorso poetico. Segue un saggio di Langella, Gli specchi ustorii delle metropoli, in cui l’Autore si rifà alla condizione dell’uomo d’oggi nei grandi agglomerati urbani, che lo costringono a un vita sempre più lontana dalla Natura, sempre più artificiale, per affermare la necessità di un linguaggio poetico nuovo e diverso che la assuma e ne dia conto, con l’intento magari, omeopaticamente, di creare brecce verso diverse realtà. Un ampio spazio è dato anche a una sezione, in cui figurano un saggio di Alessandra Paganardi e uno di Alessandro Ramberti , dedicata all’autoantologia con testo inglese a fronte di Paolo Valesio Il servo rosso, che avevo recensito nel 2016 in questa rubrica , parlandone come di un libro forte, intenso e commovente, che a tratti mi ricordava il cammino impervio di Davide Maria Turoldo. Infine fra le Recensioni vorrei ricordare un mio saggio su Via provinciale di Giampiero Neri, da me letto in occasione della presentazione del libro alla Biblioteca Sormani, che dà un’interpretazione insolita della poesia dell’Autore e del suo “trattamento del tempo” rintracciando analogie sorprendenti con la fisica quantistica.